I più ricchi? Sono pratesi Sul podio anche la Piana con Sesto e Calenzano

I più ricchi? Sono pratesi Sul podio anche la Piana con Sesto e Calenzano
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«Nessuno è povero quando può fare ciò che gli piace quando gli piace. A me piace tuffarmi nel denaro come un pesce baleno e scavarci gallerie come una talpa, e gettarlo in aria e farmelo ricadere sulla testa», diceva Paperon de’ Paperoni. E come lui ce ne sono molti, guardando i dati Istat sul reddito pro capite tra Prato e Firenze. Abbiamo preso in analisi i nostri territorio, spulciando i numeri. È Prato la città più ricca della provincia. Seguita da Sesto Fiorentino e Calenzano. Redditi che superano i 120mila euro all’anno. Come detto, a fare una panoramica sono i dati dell’Istat, aggiornati al 31 dicembre 2020.

Crescono però anche i poveri. Rispetto al 2019 a Prato erano solo 5 le persone che dichiaravano zero. Nel 2020 sono diventate 13; quattro a Sesto Fiorentino e cinque a Montemurlo. Storie di povertà.
Se guardiamo invece la fascia media, quella che va dai 15 ai 26 mila euro è sempre Prato a posizionarsi al primo posto, con un reddito pro capite di 45.616 mila euro, seguita da Sesto Fiorentino (12.108 euro) e Campi Bisenzio con 11.562 euro. Spostandosi più verso il pratese, e questa volta guardando alla vallata della Valdibisenzio, Vaiano è il comune più ricco.

Ma se i ricchi sono più o meno gli stessi, quello che colpisce è l’abbassamento del reddito medio. E non ne escono indenne nemmeno i nostri territori.

I maggiori consumi non compensano l’inflazione

Secondo le stime definitive, nel 2021 sono poco più di 1,9 milioni le famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,5%), per un totale di circa 5,6 milioni di individui (9,4%), valori stabili rispetto al 2020 quando l’incidenza ha raggiunto i suoi massimi storici ed era pari, rispettivamente, al 7,7% e al 9,4%. La causa di questa sostanziale stabilità è imputabile a diversi fattori; in particolare, a un incremento più contenuto della spesa per consumi delle famiglie meno abbienti (+1,7% per il 20% delle famiglie con la capacità di spesa più bassa, ossia la quasi totalità delle famiglie in povertà assoluta) che non è stato sufficiente a compensare la ripresa dell’inflazione (+1,9% nel 2021), in assenza della quale la quota di famiglie in povertà assoluta sarebbe scesa al 7,0% e quella degli individui all’8,8%. L’intensità della povertà assoluta - che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere sia in media al di sotto della linea di povertà (cioè “quanto poveri sono i poveri”) - rimane anch’essa sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente (18,7%), con le uniche eccezioni del Centro dove raggiunge il 17,3% dal 16,1% del 2020 e del Nord-ovest (19,3% dal 18,6%). Nel 2021, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (10,0%, da 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord (6,7% da 7,6%), in particolare nel Nord-ovest (6,7% da 7,9%). Tra le famiglie povere, il 42,2% risiede nel Mezzogiorno (38,6% nel 2020), e il 42,6% al Nord (47,0% nel 2020). Si ristabilisce dunque la proporzione registrata nel 2019, quando le famiglie povere del nostro Paese erano distribuite quasi in egual misura fra Nord e Mezzogiorno. Anche in termini di individui il Nord registra un miglioramento marcato dell’incidenza di povertà assoluta che passa dal 9,3% all’8,2% (risultato della diminuzione nel Nord-ovest dal 10,1% all’8,0% e della sostanziale stabilità nel Nord-est dall’8,2% all’8,6%) con valori tuttora distanti, però, da quelli assunti nel 2019. Sono così oltre 2 milioni 200mila i poveri assoluti residenti nelle regioni del Nord contro 2 milioni 455mila nel Mezzogiorno. In quest’ultima ripartizione l’incidenza di povertà individuale cresce dall’11,1% al 12,1% (13,2% nel Sud, 9,9% nelle Isole); nel Centro sale al 7,3% dal 6,6% del 2020. Facendo riferimento alla classe di età, l’incidenza di povertà assoluta si attesta al 14,2% (poco meno di 1,4 milioni) fra i minori; all’11,1% fra i giovani di 18-34 anni (pari a 1 milione 86mila individui) e rimane su un livello elevato (9,1%) anche per la classe di età 35-64 anni (2 milioni 361mila individui), mentre si mantiene su valori inferiori alla media nazionale per gli over 65 (5,3%, interessando circa 743mila persone).

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